Da figlia a padre. Giorno ventitré

Giorno Ventitré, a mio padre

padreL’amore di un padre è insostituibile.
Ti arriva dritto al cuore e lo cattura per sempre.

Gli occhi di mio padre sono verdi come due smeraldi, con venature di colore marrone.
Dentro puoi trovarci l’universo interno.
Io mi perdo in quegli occhi ogni volta che li guardo.
Trovo davvero difficile reggere il confronto e abbasso lo sguardo.
Mi chiedo cosa pensi in giorni come questi.
Prima di essere un padre, è un figlio e lui il suo papà non può più abbracciarlo. Toccarlo. Guardarlo.
E subito cado nello sconforto.
Vorrei regalargli il mondo, dargli la possibilità di rivivere quei dolci momenti.
Ma non ho queste facoltà e mi sento inutile.
Non so come ricambiare il suo amore incondizionato.
Vorrei proteggerlo dai dolori della vita, come lui fa con me. Alleggerire le sue pene.
Sempre. Da quando mi ha messo al mondo.
L’unica cosa che posso fare è promettere che non lo deluderò.
Una promessa che puntualmente infrango.
È difficile dimostrargli quanto gli voglia bene. Quanto tenga a lui.
Di solito mi lancio in un abbraccio, poi mi allontano.

Ma ora non posso farlo e mi sento persa.
Non vederti ogni giorno, mi manca.
Tu, papà, mi manchi.
E capisco, in parte, quello che puoi provare tu.
E mi sento piccola. Egoista. Colpevole.
Posso ancora stringerti. Posso ancora sentire la tua voce. Posso ancora abbracciarti, toccarti, baciarti.
Ma lo faccio troppe poche volte.
Vorrei portarti indietro nel tempo e regalarti un giorno da figlio.
E mentre cerco un modo per renderti felice, trovo me:
tua figlia.
Non ho altre soluzioni se non amarti fino alla fine dei miei giorni e oltre.
Sono fortunata e me ne convinco sempre di più.

Auguri, papà! Oggi e per sempre.

Sentirai che tuo padre ti è uguale.
Lo vedrai un po’ folle, un po’ saggio nello spendere
sempre ugualmente paura e coraggio.
La paura e il coraggio di vivere come un peso che ognuno ha portato.
La paura e il coraggio di dire: “io ho sempre tentato”.

E un giorno, Francesco Guccini