Fuori tutto bene. Giorno ottanta

Giorno Ottanta, la vita fuori

Spesso ho sentito dire che siamo una generazione che non vive i momenti, noi i momenti li catturiamo per rivederli poi… Quasi fossimo i registi delle nostre emozioni e non gli attori.
Hanno ragione loro!
Per questo ho smesso di scrivere. Perché volevo vivere le mie emozioni e non catturarle, volevo scoprire come si sta fuori. Ho chiuso tutto e sono partita per la mia vita.
Dietro ho tutto quello che mi serve: i miei occhi per scattare le fotografie più belle di sempre, i miei orecchi per ascoltare le melodie più belle di sempre, il mio cuore per registrare le pellicole più belle di sempre, i miei piedi e le mie mani per toccare i posti più belli di sempre e altre mani e altri piedi e altri cuori e altri orecchi e altri occhi: i più belli di sempre.
Questa volta non ho bisogno di una brutta copia per scrivere. Non ho bozze, non ho memorie. Ho tutto dentro ed è di gran lunga la cosa migliore che resta.

Un altro ciclo si è chiuso, ma io sono ancora nel cerchio.

Ho il mio cuore da amare e la mia vita da curare, ma sono intera. Sono sopravvissuta.
“Gli amori difficili” e una vita fuori, mentre io ti aspettavo dentro. Era quello che facevo per sperare di star bene. E, in un certo senso, ha funzionato. Perché mentre aspettavo te – mentre cercavo di capirti e di farti capire – io ho capito me. E pian piano il sole ha iniziato a rinascere e con lui sono rinata io. La notte buia e fredda e senza la mia Luna si è arresa.
Tutto è tornato al suo posto.
I grilli hanno ripreso il loro canto, il vento la sua corsa. Io sono tornata sulla mia strada con una mano vuota, gli occhi pieni e il cuore a metà, l’altra con te. Ma la mia mano ti stringe di nuovo e i miei occhi ti vedono di nuovo e il mio cuore a metà batte di nuovo. Perché “se mi ami un cuore basterà per tutti e due

Siamo due amanti segreti di un amore pubblico.
Gli ingranaggi perfetti di una vita senza perfezione_

“Sono un pessimo romantico, lo ammetto. È per questo che non sono riuscito a farti innamorare. Lo so che è così.
Ho immaginato che potessi bastare io, con i miei modi normali e l’aria spavalda. Fintamente sicura. E del tempo, per spiegarti quello che manca, per farti vedere che ne sarebbe valsa la pena, alla fine.
Ho provato, che dire, a farmi scegliere. Ho sperato. Dovevo. Era una possibilità, capisci? Come fare a metterla via, a dimenticarla. Forse aspettando, forse non era il momento. Forse io e te abbiamo un altro tempo. Sono sicuro che con qualche giorno in più, ora in più, ti avrei portato via con me. È l’idea che almeno una volta succeda, no? Hai presente? Quell’idea invasiva e sotterranea che si inabissa o si palesa e lo fa una volta sola per tutte e se l’avverti non puoi far finta di niente se hai un po’ di senno.
Come un sibilo fluttuante e sinuoso.

A me è successo questo: non sono riuscito a fare finta di niente, non volevo, in fondo.

Non potevo far altro che cercare di portarti con me, dal profondo, per egoismo quasi, per farmi stare bene. Anche se sapevo di non potere. Anche se era rischioso. Anche se tu non vuoi, anche se, infine, la tua felicità non dipende da me. E non posso fare a meno di chiedertelo di nuovo. Solo per essere sicuro.
Verresti?”

tratto da Gli amori difficili, di Italo Calvino