Ti amo. Giorno settantanove

Giorno Settantanove, ti amo e non lo so

Non aspetto altro che rinascere nel tuo abbraccio, anche se questo implica morire due volte. Ma se ci fai caso, moriamo un po’ ogni giorno e il pensiero non mi spaventa ormai più. Ciò che mi agita è sempre il risveglio, la paura di non svegliarmi con te.
Accanto. Lontano.
Non importa dove. Importa che ci sei. Con me. Ogni giorno.
Ti amo.
Prima di amarti, mi hai insegnato ad amarmi e solo così riesco a darti quella che sono. Anche se non l’ho ancora capito, ma so cosa non sono.
Prima di te, cercavo. Cerco anche dopo di te. Perché amare è cercare più di quello che ho già trovato. Alla fine della strada, di ritorno dal viaggio, a fuga finita, il peggior rischio che corro è quello di trovare di nuovo te.
Ti ho nella mia testa ventiquattro ore al giorno.
Poi arriva la notte ed è interminabile_

“Ti scrivo per dirti vaffanculo.

Chi riesce ad amare in duplicato non ama nessuno. Chi riesce a dividere l’amore non merita che io mi moltiplichi in suo nome.
O si ama tutto o non è un cazzo di niente.
Dici che bisogna capire l’amore per capire chi ami. E io non capisco. Quello che si ama, leggi attentamente, non si comprende – è questa, probabilmente, la grande difficoltà di comprensione che c’è tra noi. Tu vuoi che io capisca quello che si può solo sentire, e io voglio che tu senta quello che si può solo capire.
Quando si ama con la testa non si ama un bel niente.
C’è un’altra donna sulla tua strada, un’altra donna a riscattare le tue braccia. Mi chiedi di capire, mi chiedi di capire che si deve essere altruisti per poter amare.
Vaffanculo.
Non capisco a cosa serva la parola egoismo se già esiste la parola amore.
Amare è singolare. Singolare. Leggi bene: singolare. Unico. Soltanto uno. Solo quello. Solo quello che occupa tutto e non lascia neanche un filino fuori, neanche una briciola in vista. Ti ho reso singolare e tu mi hai resa plurale.
Ecco cosa ci separa. È una questione di grammatica, di matematica, addirittura. Ma l’amore merita che si facciano tutti i conti. E alla fine il risultato di io+io è io senza niente. Io dolorosamente eppure orgogliosamente senza niente.
Meglio donna solitaria che imbecille solidale.

Non ti divido con nessuno. Non mi divido con nessuno.

Quando sono, sono per intero. Quando sono, sono io tutta intera in quel che mi viene intero. Troppe volte ti ho detto mai più e poi sei tornato e io sono tornata. Non mi considero debole perché credo ancora che tornerai, che tornerai un’altra volta, con quello sguardo che mi spoglia del mondo e mi dà la vita. E quando tornerai dirai: «Vieni, ci sei solo tu». E tutto ciò che chiedo, tutto ciò che ti chiedo da sempre è questo: che ci sia solo io. Che ci sia solo io. «Vieni, ci sei solo tu», diresti, e tutto il mio corpo si aprirebbe per lasciarti entrare, poi ci sarebbe l’abbraccio e tutte le sofferenze possono avere senso.
Amare è sapere che perfino le sofferenze possono avere senso.
Non sei tornato. Non sei ancora tornato. E pare che questa sia la volta buona. Sarai venduto ad altre braccia di altre donne che ti accettano a pezzi. Ed eccomi qui, a pezzi ma intera, ad aspettare che tu capisca che il privilegio che ci unisce è così grande da pretendere l’esclusività. Se non torni, non preoccuparti per me. Continuerò a essere l’innamorata di sempre nel luogo di sempre, in attesa dell’uomo di sempre. Finché non arriverà, lentamente, qualcuno che mi insegni a disinstallarti, a separare da ciò che mi sostiene tutto quello che di te ho dentro. Fino allora sarò tua e nessuno avrà il diritto di guardarmi in pieno. Ecco la mia decisione finale. Ma dopo la mia decisione finale viene la tua. La decisione è sempre tua. Sempre tua.
O vieni subito o ti rifiuto per sempre.
PS: Vaffanculo.
E ti amo.”

“Prometto di sbagliare”