Capodanno, principio e fine? Giorno settantadue

Giorno Settantadue, capodanno

capodannoCapodanno: il principio e la fine. Tutto cambia e tutto rimane com’era.
Tra poco si riparte. Natale è passato e un altro anno è già finito. Non so davvero cosa la gente ci trovi da festeggiare. Io devo fare le valigie e ripartire, ancora una volta. Devo salutare tutti e non so se si tratta solo di un arrivederci. Devo mettere in stand by questa vita, indossare un nuovo finto sorriso e tranquillizzare la mia famiglia ché tutto andrà per il meglio, ché tra qualche mese ci rivedremo e che “sì, mangerò e starò attenta”. Intanto fra poco arriverà il mio compleanno e mi troverà in una città che ancora non riconosco come mia, circondata da ombre di persone…
Ma è un nuovo inizio, no?
E allora festeggiamo!

Mi sono innamorata di un sorriso che non ho mai visto esplodere. È rimasto appena abbozzato, poggiato su un viso stanco e mai sereno, ma dolce quanto basta a renderlo unico. Bello. A fartelo amare.
Averlo davanti era come ballare in un prato costellato di fiori non ancora sbocciati: si coglieva la loro bellezza, ma non si poteva ancora vedere. Com’era bella quella musica!
Era come vivere in un autunno mite e perenne, aspettando che la primavera sbocciasse e che insieme ai fiori facesse fiorire anche il tuo sorriso. In tutto il suo splendore.
Sto ancora aspettando che quel momento giunga e che tu rinasca, come la fenice dalle sue ceneri.

Intanto, nell’attesa, continuo ad amarti perché è l’unica cosa che mi riesce bene.
Accanto a me è l’unico posto in cui ti vedo.

Fai presto_

 

“Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna. […]

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.
Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca. […]”

Antonio Gramsci, 1 gennaio 1916, Avanti!, edizione torinese, rubrica Sotto la Mole.