Mancarsi. Giorno ottantasette.

Giorno Ottantasette, mancarsi

mancarsi“[…] Ché l’errore tuo
è stato amarmi
come se domani
il mondo fosse uguale
a com’era ieri”.
Le parole lontane, Måneskin

Ho fame di nuovi mondi e qualcuno l’ho esplorato con te. Tenendoti per mano.
Sono difficili, sai, questi giorni. È difficile, sai, questa vita da quando non ci sei più tu a tenermi compagnia.
Da quando non ci sei tu a tenermi.
Non ho mai sentito di appartenere a qualcuno perché ho sempre immaginato la vita come un viaggio, e la mia valigia è troppo piccola e troppi noi non ci possono entrare. Ma con te mi sentivo parte di qualcosa che non era solo mio. Tu eri parte di me e, finalmente, io mi sentivo parte di te. E non poteva essere altrimenti. Quel noi potevamo dividerlo tra lo spazio della mia e della tua valigia. Come si fa a non mancarsi?

Tu e il tuo sorriso, tu e i tuoi occhi, tu e le tue mani. Io e le mie risate, io e le mie lacrime, io e i miei abbracci.

Non ho mai abbracciato qualcuno come abbracciavo te. Era tutto lì.
Sono stati anni lunghi e veloci. Giorni frenetici e uguali. Siamo stati fuoco e acqua, calma e tempesta. Sei stato il mio gigante. Sono stata la tua puffetta. Come si fa a non mancarsi?

Sei stato il sole, il mare, la rabbia, le onde.
Sei stato caldo, sabbia, stelle, lune.
Sei stato grande per me.
Sei stato fortuna per me.
Sei stato bene.

Come si fa a non mancarsi? Sei stato e non avresti mai voluto essere TE al passato. Eppure, io sono ancora e tu non sei più. E mi ritrovo a metà. Eppure… eppure, più il tempo passa e più fa male. E non c’è riparo né conforto. Solo dolore.

Siamo stati i nostri anni migliori_

“E lasciami finire
Lasciami toccare il fondo
Per ritornare a galla
Che respirare sembra un sogno
Lasciami capire
Che indietro non si torna neanche
Per prendere rincorse
Non dirmi ancora forse
E lasciami cadere
Lasciami cadere via da
Dalle tue mani grandi […]”
Lasciami andare, Levante