Portami via un pensiero. Giorno settantacinque

Giorno Settantacinque, portami via

Un pensiero non te lo togli dalla testa mai. Neanche quando imponi alla tua mente di fermarsi, quando spegni la luce per non vedere, quando le togli l’ossigeno spingendo la tua faccia contro un cuscino.
Ora basta. Fermati. Spegniti. Lascialo morire.
Posati su questo letto e qui rimani. Qui liberalo. Qui lascialo andare.
Qui liberati. Qui lasciati andare.

Mi disferei volentieri di te, come si farebbe con una cavigliera elettronica. Perché mi metti in gabbia. Ma facendolo mi tirerei un pugno in faccia da sola. E forse quel dolore mi farebbe dimenticare quello che mi provochi tu.
Perché lo fai? Perché lo permetto?
Quant’è difficile portarti nel cuore e non averti nei miei giorni! Ammettere che per stare bene sarebbe sufficiente solo questo. Non mi basta più alzare gli occhi al cielo e trovarti nei colori di un arcobaleno, non voglio trovarti nelle strane forme che disegnano le nuvole. Non voglio dover chiudere gli occhi per immaginarti di fianco a me sul divano della mia camera e non voglio riaprirli e scoprire che anche quelle sensazioni piano piano stanno svanendo. Non voglio che tu sia per me solo un pensiero. Voglio che tu sia realtà. La mia!
Sai, il mondo è fatto di legami e per sentire di esistere devi sentire di appartenere a qualcuno. Per questo fai male. Mi sto spegnendo e non posso più trattenerti.

Non sono in grado di vivere così.

Io non le vedo le sfumature! Non sento i richiami. Non riconosco le variazioni.
Io sono finita. Il mondo lo è!
Ma tu gli avevi dato un nuovo orizzonte e mi avevi dato nuovi occhi per vedere che c’era un “oltre”.
Oltre gli altri. Oltre le cose.
Io ho sempre avuto bisogno di dare un nome alle cose, mentre tu mi hai insegnato che niente è quel che è solo perché ci hanno detto così.
Tutto è come lo vedo. Tutto è come mi sembra.
Adesso non so guardare oltre il mio naso.

Adesso non ci sei tu.

E il mio cuore non posso dividerlo, la mia ragione non può tacere perché le cose non si lasciano a metà e, soprattutto, non si vivono a metà. Io lo sto facendo.
E mi sto forzando, mi sto costringendo in qualcosa che invece di dare, mi toglie. Il sorriso. La serenità. L’amore.
Colpa mia perché non mi so fermare neanche quando l’unica cosa che mi torna è un pacchetto con su scritto “impossibile consegnare: destinatario non rintracciabile”. Colpa mia ché non imparo mai, ché ogni volta è sempre un ricominciare. Ché mi riprometto di cambiare e poi l’unica cosa che cambio sono i fazzoletti che asciugano le mie lacrime.

Sono stanca, perché credo che prima o poi nella vita si debba anche ricevere. E adesso è arrivato il mio turno: voglio attenzioni, voglio essere notata anche se non brillo. Perché la mia luce si sta affievolendo e il tuo pensiero è il vento che la sta portando via.
Non devi soffiarci sopra. Devi alimentarla!

Non fare domande, dammi risposte.
Se è successo qualcosa?
Si! Sei successo tu_

“[…] Sarà che una risposta la trovi dentro a uno sguardo e che un incontro perfetto è frutto di un ritardo […]”
Canzone per Federica” di Maldestro