Una volta eravamo. Giorno settantaquattro

Giorno Settantaquattro, siamo diventati vento

“...io sono abituato a cibarmi di nuvole e lontananze...”
                                                          Eugenio Montale

È destabilizzante il modo in cui sussurrano parole, il modo in cui scrutano dentro ai miei pensieri. Pretendono di conoscermi da una vita intera e non sono passati neanche cinque giorni da quando li ho incrociati. Tutti credono di avere una soluzione a portata di cassetto, ma non lo hanno mai aperto. Non lo sanno che è pieno di niente!
Esiste la vita che hai e quella che vorresti. Esiste la vita che realizzi e quella che ti dipingono addosso, quasi come tu fossi una tela vergine in attesa di colore. Era così perfetto quel disegno che quasi mi sono convinta che fosse quello più adatto a me. Poi, un giorno, ho visto il mio riflesso nello specchio della camera e…
Eravamo la loro vita e io. Eravamo io e la mia vita.
Eravamo due immagini: il giorno e la notte.

Eravamo due scelte: avevo sempre scelto per gli altri.

Adesso è il momento di scegliere per me perché se anche la notte è muta, quel silenzio riesce a confortarmi; se anche la sua luce è fioca, i miei occhi la reggono e non ne rimangono accecati.
Mi piace la notte perché è sorda alle sofferenze del mondo, alle mie. Le tiene tutte per sé e ti libera dal loro peso, senza pretendere nulla in cambio.
Che poi, cosa potresti offrirle? Gocce salate di infinito: la misura di te.
Mi piace la notte perché lascia a me decidere cosa vedere. Mostra quello che vuoi vedere e nasconde le tue paure. Poi si scopre pian piano e ti lascia intravedere tutto ciò che è.
È senza sentieri testati, senza copertine. Il tuo limite sei tu: puoi decidere se lanciarti nel precipizio o accontentarti della terra che i tuoi piedi calpestano.
Lascia la scelta a te.

Quando il giorno inizia a prendersi i suoi spazi, la notte si lascia invadere. La Luna fa l’occhiolino al Sole e cede il suo posto.
È tempo di cambiamenti.

Puoi andare solo avanti.
Il passato non si cambia. Ti cambia.

Vieni con me a vedere cosa c’è sulla Luna?_

“A capire che se uno si rilassa si sente più leggero ci arrivo anch’io. Ma non capisci quanto è assurdo dirmi una cosa del genere? E sai perché? Se io provassi a rilassarmi, andrei a pezzi. Ho sempre vissuto così, da tanto tanto tempo, e anche adesso è l’unico modo in cui posso vivere. Se una sola volta mi lasciassi andare, non potrei più tornare indietro. E se andassi a pezzi, il vento mi spazzerebbe via. Perché non lo capisci? […]”

“Norwegian Wood. Tokyo Blues” di Murakami Haruki