Tu sei il posto che chiamo casa. Giorno cinquantotto

Giorno Cinquantotto, posto

casaLascia correre.
Non esiste una medicina a questo male e, se anche ci fosse, non ti guarirebbe mai del tutto perché a questo male non c’è rimedio.
E non puoi scappare, puoi solo decidere di raccoglie quello che resta di te. Conserverai i tuoi pezzi in un vaso e lo riempirai di te fino a vederlo traboccare.
Quando ti sentirai pronta, quando lasciare andare non sarà più un problema, quando ti convincerai che il tuo dolore sarà diminuito… quello sarà il momento di rompere il vaso. Di trovare il tuo posto.
Imparerai che la giusta via per la felicità è esserti fedele sempre perché sarai tu l’unica persona che ti accompagnerà durante quella che chiamano vita.

Allora inizia ad amarti più di quanto ami gli altri. Inizia ad accettarti per quello che sei, per la persona imperfetta che sei.
Comincia ad ammettere che gli errori si commettono, ma non si giustificano perché le giustificazioni non servono, serve la voglia di capire.
Allora capisci che da sola non puoi niente, se non hai più quella mano che ti stringe.
Che devi trovare un’altra casa perché in questa, adesso, manca qualcosa.
Manca qualcuno.
E le assenze non si colmano, non spariscono.
Le mancanze non ti avvisano, le avverti e basta.Io sento il peso della tua.
E ho corso per non sentire il vuoto.
Ma so che questo non mi farà stare bene perché l’unico posto verso cui vorrei correre non c’è più.
Tu non ci sei più!

Le lancette seguono sempre lo stesso percorso.
Non si fermano. Non hanno ripensamenti. Non si sbagliano.
Loro vanno. Rincorrono il tempo e, qualche volta, lo anticipano.
Tu va’, corri! Lanciati!
Lascia che il vento ti rubi il dolore e sentiti libera di ricominciare.
Torna a sentirti a casa.

“Dove tu sei, là è Casa
Piacere o Calvario, è lo stesso,
onore o vergogna,
non conta dar nome a quel luogo,
così io posso arrivare.
[…]”
Dove tu sei, là è Casa di Emily E. Dickinson