Un infinito in un addio. Giorno sessanta

Giorno Sessanta, addio

addioOgnuno ha un modo speciale per dire addio.
Ci sono addii che non finiscono mai.
Li rimandi sempre. Di minuto in minuto, di ora in ora, di giorno in giorno, di anno in anno.
Aspetti.
Lasci quella frase in sospeso, il tuo cuore in apnea, gli occhi socchiusi…
La musica va, quella voce canta. Poi si ferma e ricomincia.
E tu “intanto aspetti il colpo di scena, quell’occasione unica che ti sistema ogni problema e lei che ti completerà”.
Ma il tempo non ha nemici, non conosce ostacoli.
Lui passa e ti cambia. Sempre e per sempre.
Quando un legame si spezza o una cosa si rompe non riuscirai a farla tornare come prima.
Puoi unire i pezzi e ricucire lo strappo, ma inventerai una cosa nuova.

E allora perché sperare in un ritorno?
Un bel ricordo fa meno male di un presente imperfetto.
Il passato non si cancella se lo preservi nel cuore.
Sarà così.

Ti troverò sempre lì quando avrò bisogno di te.
Perché preferisco tornare nei luoghi che già conosco e trovarti com’eri, invece che cercarne di nuovi… invece che scoprire un nuovo te, un nuovo noi.
Un addio non ci cancella, ci conserva e ci consegna nelle mani del tempo.
Lì saremo come una fotografia: ingialliremo, sbiadiremo, ma resteremo per sempre noi.
Insieme.
Questa è la fine che meritiamo.
Abbiamo raggiunto il traguardo.
Ma so che un giorno ci riscopriremo a sorriderci da lontano.

E solo quel giorno sarò pronta a dirti addio.
Fino a quel giorno “mi tengo stretto il sogno mio e ti lascio finire i giorni, i tuoi giorni, nella mia testa accanto a me”.

“In una cultura che dipende dalla luce, non esiste un altare per l’oscurità. Eppure la vita non alimenta altra vita. Solo la morte può farlo.
[…] È facile amare l’inizio delle cose. È facile amarle mentre sbocciano, quando traboccano di colori e il loro profumo si sparge nel vento. Ma è difficile amare la fine delle cose, amarne l’inevitabile declino, come i fiori che appassiscono e ripiombano nell’oscurità della terra…”
tratto da “Love Will Be The Death Of Us” di Ian MacKenzie