Uno sbaglio che salva. Giorno sessantotto

Giorno Sessantotto, sbaglio

sbaglio

Spegni il cervello. Mettilo fuori gioco.
Avevo una vocina nella testa che mi avvertiva a ogni passo falso. Era più un ronzio continuo, un rumore quasi impercettibile eppure martellante. Odiavo quella sensazione, ma me la sono portata dietro fino a poco tempo fa.
È servita? Mi è servita?
Non lo so, ma riguardando il mio percorso non troverai errori. Non rintraccerai alcun sintomo di sbaglio. Nessuna sbavatura: tutto perfetto, immacolato.
È stato sufficiente provare un brivido e quella campanella ha smesso di suonare, finalmente.
Adesso siamo io contro la mia ragione.
Io contro il mio cuore.

Non ci sono più suoni, più parole. C’è confusione e silenzio. Cosa farò da grande? Chi sarò da grande? Credi di aver a disposizione degli anni per arrivare a una risposta, per cercarla in qualcuno. Non riesci neanche a organizzare una bozza del tuo futuro che il domani è già alle porte. Il domani è diventato oggi.
Sei riuscita a rispondere?
Gli errori costano. Gli errori si pagano.
Allora fammi sbagliare. Fammi pagare. Dammi il modo e il tempo e concedimi il beneficio del domani. Non strapparmi la speranza di un forse. Tutto è ancora in costruzione. Sono stata troppo a lungo nascosta nel giusto, protetta dalla ragione.

Ma non mi sono salvata.

Se correre il rischio vuol dire sbagliare, allora voglio farlo. Voglio essere colpevole. E sentirmi viva.
Spiegami da dove nasce un brivido e spiegami dove finisce. Li senti gli effetti? Hai messo mai in dubbio qualcosa? Trova una ragione in tutto ciò. Dimmi se esiste o se non è solo la reazione chimica del tuo corpo.
Chiedi pure a me. Ti dirò che non potrò esserti utile perché non ho trovato ragioni. Ho solo provato un’emozione. E un’emozione non è mai inopportuna.
Ti dirò che ho iniziato a vivere da quando ho commesso quell’errore.

Di vita ne abbiamo una sola.
Sei il mio sbaglio più bello_

«Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto».
  “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello